I principi della bioetica

Che cos’è la bioetica? Quali sono i suoi principi? Quali sono le teorie etiche alla base?

Cerchiamo di dare una definizione di cosa sia la Bioetica e quale sia il suo metodo (o, come vedremo i suoi metodi), così da gettare delle basi per comprendere al meglio le questioni relative all’etica applicata alla medicina.

Andiamo per gradi.

La differenza tra Etica e Morale

Vivere significa di fatto scegliere. Dietro ogni nostra azione c’è una decisione e dietro ogni nostra decisione c’è una valutazione morale che ci porta a prendere una strada o un’altra. Questa valutazione può essere consapevole o meno, ma c’è.
Valutiamo se una certa azione che stiamo per svolgere sia buona o cattiva, secondo canoni e principi interiorizzati. Spesso non ci poniamo nemmeno il problema per quanto questa bussola morale è interiorizzata in noi.

Può accadere però che un evento particolare ci faccia perdere questa bussola, ci disorienti e quindi un’analisi diviene nuovamente necessaria.

Se le valutazioni morali sono dunque necessarie per ogni tipo di azione, la giustificazione di queste nostre scelte fa parte dell’etica.

La morale ci indica come agire bene, l’etica ci dice il perché.

L’etica dunque cerca il fondamento di questi valori morali, del bene in quanto tale che ha da essere.

Se dunque con morale intendiamo i valori a fondamento di una determinata cultura, popolo o istituzione, valori che guidano le nostre scelte, con etica si intende il pensiero critico sulla morale.

Cos’è dunque la Bioetica?

La Bioetica è l’etica applicata alla vita, ovvero lo studio e l’indagine sui problemi morali dovuti al progresso tecnologico e all’influenza della tecnica nella vita, umana.

Il termine bios significa vita e quindi bioetica etimologicamente significa etica della vita. Questa specifica, usata per distinguere il campo più ristretto della bioetica rispetto all’etica, non intende indicare che l’etica di per sé non tratti della vita, ma che la bioetica lo fa in una maniera diversa.
La bioetica altro non è che un indagare la vita e trovare un significato di essa che possa essere una guida nella pratica tecnologica.

Questo suo essere guida la rende un’etica prescrittiva, ovvero formula giudizi su azioni in base alla loro moralità (con moralità si intende la conformità di determinate azioni a valori morali).

È inoltre un’etica applicata in quanto il suo campo di indagine interessa sia azioni specifiche (es: è giusto o non è giusto togliere respirazione e alimentazione forzata in pazienti in stato vegetativo?), sia ambiti specifici.
Nel mondo della bioetica possono infatti rientrare altre etiche come l’etica ambientale e l’etica animale.
La bioetica applicata alla medicina è infine è chiamata etica biomedica ovvero è quella branca della bioetica che si occupa della pratica medica.

Quindi ricapitolando, la bioetica è l’indagine speculativa sui problemi di carattere etico che riguardano il bios e si distingue in:

  • Etica biomedica
  • Etica ambientale
  • Etica animale

È dunque errato ritenere la bioetica relativa solo alla sfera medica o clinica, in quanto riguarda tutti quei nuovi problemi nati a causa del progresso tecnologico.
Bioetica e tecnica sono infatti estremamente collegate. Il progresso tecnologico ha sollevato nuovi problemi etici dovuti al fatto che il grado di invasività della tecnica avanzata nella nostra sfera vitale si è fatto più marcato.

Più il progresso tecnologico porterà la tecnica ad avere maggiore invasività nelle nostre vite, più l’indagine bioetica sarà necessaria per rifondare, rivalutare e riformulare determinati principi e valori morali.

Serve però un metodo.

Quando si vuole giustificare moralmente un’azione o una regola, si devono fornire motivazioni valide e la validità può essere data solo da un metodo.

Qual è il metodo utilizzato in bioetica?

Immaginati una piramide, alla base della quale abbiamo le teorie etiche. Su di esse si basano i principi, dai quali ricaviamo le regole che guidano le nostre azioni.

Abbiamo quindi:

  1. Teorie etiche
  2. Principi
  3. Regole
  4. Azioni

Se, viceversa, si chiede una giustificazione etica di un’azione, la nostra piramide si capovolge: si indicano delle regole a supporto delle quali vengono presentati dei principi e a fondamento di tali principi vengono introdotte le teorie etiche.

Se il fondamento sta nelle teorie etiche (utlilitarismo, neocontrattualismo, etica delle virtù, kantismo ecc… che non tratteremo qui se non indirettamente), il nocciolo del metodo è costituito dai principi che guidano la pratica medica.

Quali sono i principi dell’etica medica?

  • Principio di autonomia
  • Principio di beneficenza e non-maleficenza
  • Principio di giustizia
  • Principio d’integrità morale

Principio di autonomia del malato

Il principio di autonomia del malato richiede che medici e sanitari rispettino le richieste del paziente, libere e informate, e che questa autonomia venga costantemente promossa e incoraggiata con corretta informazione e trasparenza.
Autonomia viene intesa come padronanza di sé libera da ogni controllo e il rispetto di tale autonomia deve essere inteso come azione rispettosa e non semplice non-intervento in virtù del quale non si invade la sfera privata del paziente.
Sulla base del principio di autonomia, medici e sanitari sono dunque tenuti ad agire in promozione di questa autonomia, cercando di trattare i pazienti in modo da renderli capaci ad agire e decidere autonomamente. Questo principio quindi scardina il paternalismo medico.

L’interpretazione contemporanea del concetto di autonomia alla base di questo principio si fonda sulle teorie etiche di Kant e John Stewart Mill.

Per Kant, autonomia significa riconoscere che le persone hanno un valore incondizionato in quanto ciascuna è fondamento della propria moralità. Per tanto violare l’autonomia di una persona significa infrangere la seconda formulazione dell’imperativo categorico, ovvero non trattare mai l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, semplicemente come mezzo1.

Per Mill invece, autonomia significa essere liberi di vivere secondo le proprie convinzioni personali purché queste non interferiscano con le libertà e autonomie di altre persone2.

Sulla base di ciò si può dunque definire il principio di autonomia come principio con validità prima facie, ovvero può essere sottoposto ad altre considerazioni morali proprio in virtù del fatto che non si gode di autonomia assoluta ma solo se non intralcia l’autonomia di altri.

Basarsi solo sul principio di autonomia è quindi alquanto riduttivo.

Principio di beneficenza e non-maleficenza

Con il principio di beneficenza si richiede al sanitario di fare e promuovere il bene del malato, rimuovendone il male e prevenire danni futuri.
Con il principio di non-maleficenza invece di vieta al sanitario di causare danno al malato secondo il giuramento di Ippocrate (primum non nocere).

Beneficenza e non-maleficenza risultano dunque essere due facce della stessa medaglia. Il primo tuttavia va considerato come di carattere positivo, ovvero si promuovono azioni che portino al bene, ma che non devono essere sempre osservate con imparzialità. Il secondo è invece di carattere negativo, ovvero sono azioni proibite alle quali si deve obbedire, anche per legge.
Se dobbiamo (e possiamo ragionevolmente farlo) non recare danno agli altri, è impensabile che si debba agire con beneficenza nei confronti di tutti, indistintamente.
Per questo il principio di non-maleficenza è considerato un obbligo perfetto mentre non lo è il principio di beneficenza.

Alcuni tuttavia, come alcuni utilitaristi, sostengono un principio forte di beneficenza generale: siamo obbligati ad agire con imparzialità per promuovere gli interessi di tutti. Ciò però non sarebbe sostenibile, in quanto più il campo di azione diviene generale meno diventano chiare le nostre responsabilità individuali3.
È più sostenibile un principio di beneficenza particolare per cui si debba agire per il bene dei nostri famigliari, amici e i più prossimi (es: obbligo di soccorrere).

Principio di giustizia

Il principio di giustizia richiede che vengano valutate le conseguenze sociali, ovvero gli effetti positivi e negativi, di una decisione presa dal medico negli interessi del malato.
Ogni azione effettuata all’interno della sfera medico-paziente ha sempre ricadute su scala sociale, talvolta trascurabili (es: impiego di risorse quando ce ne sono in abbondanza per tutti), talvolta invece considerevoli (es: Etica e pandemia: chi curare prima?).

Numerose sono le teorie a fondamento del principio di giustizia e per ciascuna teoria abbiamo un’interpretazione diversa di cosa sia giustizia.

  • Per le teorie utilitariste (Jeremy Bentham, John Stewart Mill), giustizia è il maggior bene (piacere, felicità) per il maggior numero di persone possibili.
  • Per le teorie liberaliste (John Locke, Adam Smith), giustizia è sinonimo di imparzialità. Vengono quindi promossi i diritti di libertà sociali ed economiche, ma per lo più basandosi su un carattere di proceduralità che di effettivi contenuti.
  • Per le teorie comunitariste (Ezekiel J. Emanuel, Michale Walzer), in contrasto con quelle liberaliste, esistono diversi principi di giustizia in quanto derivano da diverse concezioni di bene quante sono le comunità morali. Giusto dipende quindi dagli standard adottati dalle singole comunità. Contrariamente alle teorie liberaliste quindi si guarda al contenuto e non alla forma.
  • Per le teorie egalitariste (John Rawls), giustizia è la distribuzione alle persone di un’uguale quota di beni (es: assistenza sanitaria per tutti). Rawls, ad esempio, interpreta giustizia come equità, ovvero come insieme di norme concordate da individui liberi e uguali che agiscono nel pieno rispetto reciproco. Soggetti che, tenuti all’oscuro delle loro particolari situazioni (velo d’ignoranza) scelgono di elevare al massimo il livello minimo di beni primari, così da tutelare gli interessi di tutti (equa eguaglianza delle opportunità)4.

Principio dell’integrità morale della professione

Questo principio è poco considerato in confronto ai precedenti, ma è fondamentale per la professione medica e infermieristica perché richiede ai sanitari di esigere di essere trattati come persone autonome e buoni professionisti.

Con questo principio si cerca di spostare il principio di autonomia dal paziente al medico, in quanto il sanitario non può e non deve essere considerato come mero esecutore della volontà del paziente, ma una persona anch’essa con principi morali e conoscenze scientifiche.
È sulla base di questo principio, ad esempio, che si basa l’idea di obiezione di coscienza dei medici.

Conclusione: principi e doveri prima facie

I doveri che si ricavano dai principi sopra esposti non devono essere considerati doveri assoluti, ma di prima facie, ovvero valgono in prima istanza.
Cosa significa?
Significa che questi doveri valgono fino a che non entrano in conflitto con altri doveri sempre ricavati da questi principi. Quando ciò accade, occorre effettuare un bilanciamento per giungere ad una sorta di compromesso, che tutela al massimo grado possibile i due principi in gioco.

Questo compromesso e bilanciamento avviene sulla base delle teorie etiche che ci offrono criteri essenziali e logicamente coerenti per distinguere ciò che è eticamente buono da ciò che non lo è, guidandoci nella comparazione dei principi5.

Note

  1. Immanuel Kant, Fondazione della metafisica dei costumi, Laterza, p. 89
  2. John Stewart Mill, Sulla libertà, BUR 2007, p. 77
  3. T. L. Beauchamp, J. F. Childress, I principi di etica biomedica, Le Lettere 2009, p. 259
  4. J. Rawls, Una teoria della giustizia, Feltrinelli 1982, p. 28

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