La dialettica hegeliana non è tesi, antitesi e sintesi

Nelle scuole superiori, la dialettica di Hegel viene spesso spiegata attraverso la triade Tesi, Antitesi e Sintesi. Hegel tuttavia non ha praticamente mai usato questi termini, che possono quindi risultare fuorvianti.

Tesi, Antitesi e Sintesi. Quante volte vi è capitato di sentire queste tre parole in riferimento alla dialettica hegeliana? Molti manuali delle superiori e molti professori anche universitari utilizzano questa tripartizione portando a pensare che sia stato Hegel stesso a idearla. In realtà non è così.

Tutto parte da Fichte

La distinzione di tesi, antitesi e sintesi fa la sua comparsa con Fichte, nella prima edizione del 1794 della Dottrina della scienza.

Scriveva:

Quanto poco è possibile l’antitesi senza sintesi o la sintesi senza antitesi, così altrettanto poco sono entrambe possibili senza la tesi, senza un porre assoluto, mediante il quale un A (l’Io) non è posto come uguale a nessun altro e a nessun altro opposto, ma è posto solo assolutamente. Riferita al nostro sistema, la tesi dà saldezza e completezza al tutto: esso dev’essere uno e un solo sistema.

Johann Gottlieb Fichte, Sul concetto di dottrina della scienza o della cosiddetta filosofia, 1794

Sostanzialmente, il passaggio da tesi antitesi e sintesi per Fichte è la dialettica che fonda la validità di ogni scienza e che si basa su tre punti

  1. L’io pone se stesso (tesi)
  2. L’io pone un non-Io (antitesi)
  3. L’io oppone entro di se all’Io divisibile un nonIo divisibile (sintesi)

Questa dialettica in tre momenti viene utilizzata anche per spiegare la dialettica hegeliana. Anche Marx ci è cascato con tutte le scarpe e barba 1. Tuttavia è una distinzione impropria.

Nell’articolo The Hegel Legend of ‘Thesis-Antithesis-Synthesis’2, Gustav E. Mueller scrive che attribuire questi tre termini alla dialettica hegeliana è dovuto ad una lettura inetta e traduzioni semplicistiche che hanno cercato di semplificare il linguaggio hegeliano per una più semplice comprensione, travisando però il messaggio.

“Dialectic” does not for Hegel mean “thesis, antithesis, and synthesis.” Dialectic means that any “ism” – which has a polar opposite, or is a special viewpoint leaving “the rest” to itself – must be criticized by the logic of philosophical thought, whose problem is reality as such, the “World-itself”.

Gustav E. Mueller,The Hegel Legend of “Thesis-Antithesis-Synthesis”. Journal of the History of Ideas 19, pp. 411–414

Questo paragrafo di Mueller purtroppo però non semplifica le cose, anzi.
Hegel è un pensatore molto particolare e molto complesso, ma parlare di ism e di mondo, senza aver chiaro quel percorso che Hegel ha delineato nelle sue opere, non fa che intrecciare ancora di più una già intricata dialettica.

Qual è quindi la corretta interpretazione della dialettica hegeliana?

Per spiegarla, forse conviene utilizzare le parole stesse di Hegel.

La dialettica hegeliana

Va detto che Hegel stesso non spende pagine per spiegarcela nel dettaglio e rende il tutto più complesso. La sua struttura però può essere però estrapolata dalle varie opere in cui, di fatto, questa dialettica viene da lui applicata (e viene applicata spesso).

La dialettica è per Hegel la legge che comanda il divenire della realtà. La realtà (aka infinito, assoluto, spirito, ragione) per Hegel non è statica e immutabile, ma in continuo divenire e il motore di divenire è la dialettica.

Questa dialettica ha inoltre valore sia logico che ontologico, ovvero è una legge che spiega sia la realtà sia le modalità con cui la ragione comprende lo sviluppo della realtà stessa, come le categorie aristoteliche. Come per Aristotele infatti, anche per Hegel tra logica e realtà c’è un collegamento, o meglio, tutto ciò che è razionale è reale, tutto ciò che è reale è razionale.

La realtà quindi segue le stesse leggi della ragione e quindi è perfettamente comprensibile dalla ragione umana.
Come?
Grazie alla dialettica.

Questa dialettica si articola in tre momenti:

  1. Momento astratto o intellettuale
  2. Momento dialettico o negativo razionale
  3. Momento speculativo o speculativo razionale

Niente tesi antitesi e sintesi, dunque.

Come vanno letti questi tre momenti?
Sono tre fasi, tre passaggi che portano da un grado inferiore ad un grado superiore, l’ultimo momento, attraverso un superamento dei primi due a seguito di conflitto.

Termine fondamentale della dialettica hegeliana è infatti il concetto di Aufhebung (letteralmente superamento), che esprime contemporaneamente sia un togliere che un conservare e potenziare. In altre parole, nel terzo momento, il momento speculativo, viene risolto il conflitto tra momento astratto e momento dialettico, mantenendo ciò che c’era di vero in ciascuno dei due.

Il momento astratto o intellettuale

Il primo momento indica la prima fase del processo dialettico ed è il grado più basso della ragione che consiste nel guardare la realtà come un insieme di entità statiche indipendenti e separate l’una dall’altra.

Termine chiave di questo momento è intellettuale, ovvero ciò che ha a che fare con l’intelletto. È l’intelletto che, definendo, categorizzando, separando, interpreta la realtà come un insieme di elementi distinti tra loro (se ti viene in mente Kant, hai colto nel segno). Secondo Hegel questa è ancora una visione ingenua che si basa sui principi di identità e non contraddizione.

Se mi guardo attorno, durante questo momento astratto intellettuale, percepisco le cose come distinte tra loro. percepisco un libro, percepisco un portapenne e percepisco entrambi come diversi e separati sia da se stessi che da me.

Il momento dialettico o negativo razionale

Il secondo momento è il momento in cui la dialettica prende forma. È qui che inizia il conflitto perché ciò che abbiamo visto nel primo momento viene ora negato. Viene posto l’opposto di quanto visto nel momento intellettuale.

Se A = A, se il libro è un libro, significa dire automaticamente che A ≠ B, ovvero che il mio libro non è il mio portapenne.

Ogni affermazione implica una sua negazione. Non mi limito quindi a guardare gli oggetti come oggetti in sé ma li metto in relazione tra loro.

Il momento speculativo o positivo razionale

Dopo aver guardato alle cose in sé, dopo averle poste in relazione con le altre cose, ci si rende conto che ogni cosa è una determinazione di un tutto che le comprende.

Per Hegel infatti il vero è l’intero e il tutto è maggiore della somma delle sue parti. Ciò significa che esiste una realtà, un assoluto infinito che si concretizza nelle singole parti finite.

Nel momento speculativo viene superata la distinzione e negazione posta nel momento dialettico e mi rendo conto che il momento intellettuale era di fatto un’astrazione che non coglieva ciò che è la realtà in sé e per sé.

L’Aufhebung mi porta a superare la distinzione e a rendermi conto che io, il libro, la tazza e tutte le altre cose siamo parte di un tutto, come facce di un dato infinito che assumono senso e significato solo in relazione tra loro.

La realtà hegeliana come un tutto
Ogni faccia del dado acquista senso solo in relazione alle altre e solo in quanto parte del dado.

Detto in altri termini, la dialettica hegeliana è un processo a tre tappe in cui il finito si risolve nell’infinito. Nel primo momento astratto intellettuale si nota il finito e si guarda il mondo in modo statico, costituito da cose tra loro distinte.

Procedendo nel secondo momento negativo razionale, ci si rende conto che queste cose finite sono tar loro in relazione fino a cogliere, nel momento speculativo, l’infinito, il tutto composto da queste parti e si realizza che queste parti sono tali solo perché parti di un infinito che le comprende, le relaziona.

L’esempio delle età della vita: infanzia, adolescenza, maturità

Hegel, per renderci ancora più chiaro questo processo, porta un esempio celebre: l’esempio delle età della vita o delle tre fasi dell’esistenza dell’individuo.

La prima fase è l’infanzia, in cui l’uomo vive il mondo in maniera innocente rispetto a ciò che lo circonda. Durante questo stadio, l’uomo è felice, appunto perché ingenuo e per lo più inconsapevole di ciò che è la realtà effettiva. Il momento negativo arriva con l’adolescenza e con tutti i turbamenti e sconvolgimenti che questa età comporta.
Con l’adolescenza l’uomo fa esperienza dell’altro, degli altri e del mondo che gli si oppongono. L’equilibrio che si aveva durante l’infanzia si spezza, l’innocenza viene perduta per far spazio al conflitto.
Questo contrasto viene risolto nell’età matura in cui l’uomo ritrova l’equilibrio e l’armonia con il mondo ma non più innocente e ingenua come per l’età infantile, ma consapevole dei contrasti e dell’esperienza dell’adolescenza.

Perché la distinzione tesi antitesi e sintesi è fuorviante?

Capito (spero) come è strutturata la dialettica hegeliana, capiamo anche perché la distinzione dei tre momenti in Tesi Antitesi e Sintesi è fuorviante.

Parlando di Tesi Antitesi e Sintesi si perde totalmente il carattere di movimento e mutamento che intercorre tra i tre momenti, soprattutto in riferimento al terzo momento. L’Aufhebung non è infatti una Sintesi tra Tesi e Antitesi, come se fosse il risultato di un’operazione arbitraria, ma è il momento finale di un processo necessario tramite cui la realtà effettiva (Wirklichkeit) si manifesta.

Parlare di Tesi, Antitesi e Sintesi rischia di mostrare la dialettica hegeliana come un susseguirsi cronologico dei tre momenti, quando in realtà così non è. È un processo logico e la Wirklichkeit è ciò che esiste prima, dopo e durante il processo dialettico e si manifesta attraverso questo processo dialettico. Larealtà è sia la condizione che innesca la dialettica che il risultato finale.

Note

  1. Miseria della filosofia, Karl Marx, 1847
  2. The Hegel Legend of “Thesis-Antithesis-Synthesis”. Journal of the History of Ideas 19, pp. 411–414

3 commenti su “La dialettica hegeliana non è tesi, antitesi e sintesi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *