L’Ecologia sociale è un profondo ripensamento della società che si sviluppa a partire dalla questione ambientale e dalla critica al sistema gerarchico.
Anni fa, gli studenti francesi del maggio ’68 espressero mirabilmente questa netta contrapposizione d’alternative con lo slogan:”Siate realisti, chiedete l’impossibile!”. A questa proposta la generazione che va incontro al prossimo secolo può aggiungere l’ingiunzione più solenne: “Se non faremo l’impossibile ci troveremo di fronte l’impensabile!”.
Murray Bookchin, L’Ecologia della libertà
Questa è una delle frasi più potenti che si possono leggere nelle prime pagine de L’ecologia sociale di Murray Bookchin1, un libro pubblicato nel 1982, ma ancora terribilmente attuale (e purtroppo, troppo poco considerato). Già 40 anni fa il pensatore ci metteva in guardia dal disastro ecologico a cui saremmo andati incontro se non avessimo cambiato radicalmente il nostro stile di vita, partendo dalla società stessa. Ora, 40 anni dopo, la situazione è ancora più drammatica e l’impensabile è arrivato.
Chi è Murray Bookchin
Murray Bookchin (1921-2006) è stato un filosofo libertario, atipico nel suo genere in quanto non accademico, ma conosciuto per lo più nel sottobosco di ambienti radicali. Da marxista divenne in seguito critico del marxismo, in quanto se secondo Marx si può raggiungere una società liberata solo tramite mezzi autoritari, per Bookchin è esattamente l’opposto: ciò che conta è la liberazione individuale portata a dimensione sociale, non una liberazione di massa frutto di una lotta di classe, ma affrancamento da un sistema gerarchico.
Bookchin rifiuta quindi il materialismo storico marxiano, criticando il dogma che identifica il proletariato come classe rivoluzionaria: al contrario, il proletariato, essendo una classe prodotta dal capitalismo è intrinsecamente impossibilitata a diventare protagonista della rivoluzione.
Il pensiero di Bookchin è da ascrivere senza dubbio nel filone anti-autoritario che prende avvio dall’analisi della crisi della modernità, affrontata dal punto di vista del problema ambientale, determinato scientificamente, come il problema.
Non chiamiamolo tuttavia ambientalista. Bookchin non lo è. Il suo pensiero non tende a definire un rapporto uomo-natura il più possibile sostenibile, in quanto presupporrebbe comunque uno sfruttamento, quindi una sottomissione gerarchica, del primo sulla seconda.
Bookchin, al contrario, è il fondatore dell’Ecologia Sociale, una nuova dottrina che si preoccupa di affrontare la questione ambientale come questione sociale, ritenendo che il domino dell’uomo sulla natura sia strettamente correlato al dominio dell’uomo sull’uomo.
L’ecologia nel suo complesso è anti-gerarchica
L’approccio di Bookchin non si limita semplicemente a considerare il problema ecologico solo dal punto di vista scientifico, o solo dal punto di vista sociologico/umanistico, ma globale, perché l’ecologia è un tema globale che non può essere ridotto ad un solo dominio della conoscenza. Se si vuol affrontare il problema, bisogna considerarlo nel suo complesso, perché complesso è il mondo in cui viviamo.
Seguendo quest’ottica, Bookchin parla di antropologia, scienza, sociologia, psicologia, politica, economia. Non tratta il tema in maniera frammentata, ma organica, e lo fa partendo dalla base che ci accomuna tutti: la Natura, intesa non come oggetto di scienza, ma come physis, realtà prima di ogni cosa.
Iniziando col parlare della Natura, dell’Umanità più pura e non ancora corrotta dalla frammentazione gerarchica, ci racconta di un mondo pre-sociale, decostruendo tutte categorie concettuali con cui gli studiosi contemporanei lo descrivono, frutto di un linguaggio che è proprio della stratificazione gerarchica a cui siamo abituati.
Ponendosi sullo stesso binario del filone femminista, secondo cui i ruoli di genere non sono affatto naturali, ma culturali, Bookchin mostra come sia la società a proiettare sulla natura le proprie gerarchie e non viceversa.
Famoso è l’esempio dell’ape regina: non esiste una gerarchia tra api operaie e ape regina. Essa non è affatto il sovrano dell’alveare così come lo è un re con i suoi sudditi. Un capo branco, altro esempio, è gerarchicamente superiore agli altri lupi solo per la nostra categorizzazione che tende a mettere le brache al mondo, per dirlo alla Gramsci, seguendo la logica gerarchica in cui siamo immersi.
I leoni diventano “re degli animali” solo per gli esseri umani, per chi comanda imperi e imprese; le formiche sono “umili” in natura solo in virtù di ideologie diffuse da templi, palazzi, manieri e castelli, e, oggigiorno, propagate dagli apologeti ossequiosi del potere esistente. La realtà, come vedremo, è diversa, una natura concepita come “gerarchica”, per non parlare degli altri “bestiali” e borghesissimi caratteri che le si attribuiscono, riflette solamente una condizione umana in cui il dominio e la sottomissione sono fini a se stessi e mettono in questione la stessa esistenza della biosfera.
Murray Bookchin, The Modern Crisis
L’ecologia sociale come nuova utopia
Bookchin teorizza quindi un modello ecologico in totale armonia con l’ecosistema mondo e strettamente intrecciato in tutte le sue componenti, che condanna l’individualismo per la collettività.
Il risultato è l’ecologia sociale, un sistema che, partendo dal considerare il mondo una totalità e non un mero insieme di parti, si propone come modello sociale, politico ed economico.
Come tutti i modelli sistemici che decostruiscono lo status attuale per uno nuovo, l’ecologia sociale può essere tacciata di utopismo e in un certo senso lo è: la frase Se non faremo l’impossibile ci troveremo di fronte l’impensabile! è utopia pura, è consapevolezza che per salvarci dobbiamo affrancarci da tutto ciò a cui siamo stati abituati ed educati, dall’economico al sociale.
Se non possiamo essere certi che la condizione umana progredirà, abbiamo però l’opportunità di scegliere tra la libertà utopica e l’olocausto sociale2.
Murray Bookchin, L’Ecologia della libertà
Bisogna raggiungere una società libera e autogestita che nasca dalla critica alle forme di dominio dell’uomo sull’uomo tipiche della società gerarchica in cui viviamo, forme di dominio che si ripercuotono sulla natura poiché viene posta al gradino più basso della scala gerarchica.
Bisogna ritornare alla consapevolezza originaria in cui uomo e natura erano due entità complementari e indissolubilmente legate nei loro destini.
È sostanzialmente un’idea banale, che si basa su un concetto semplice: l’uomo è parte della natura. È un’idea tuttavia altrettanto complicata da attuare in quanto significherebbe distruggere dalle fondamenta tutto ciò su cui poggia la civiltà attuale.
La centralità della tecnologia
Importante è la concezione che Bookchin ha della tecnologia che non è da considerare un prodotto della società capitalistica/gerarchica, ma come prodotto dell’umanità stessa.
Ciò è estremamente importante per comprendere il pensiero di Bookchin e il raggiungimento dell’Ecologia Sociale, in quanto sarà la tecnologia a portare l’uomo a liberarsi dalla società gerarchica per indirizzarsi verso una società organica.
Da strumento di dominio sulla Natura, la tecnologia diventerà strumento di liberazione.
Verso il Municipalismo libertario
La visione utopica di Bookchin descrive una società ecologica costituita da una comunità organica, armonica, in cui non esiste né dominio né gerarchia. Seguendo la tradizione del consigliarismo, l’autore ipotizza un municipalismo libertario fondante una società autogestita, in armonia con la natura, in cui economia (oltre che infrastrutture e tecnologia) sono gestite a livello municipale dalle comunità partecipanti e federate, cooperanti tra loro (bioregioni), in contrapposizione ad un Stato centralizzante leviatanico.
Bookchin parte dalle teorie anarchiche e marxiste, cogliendone i pregi ma soprattutto i difetti, per poi sviluppare la propria teoria del Comunalismo o Municipalismo.
In contrapposizione all’anarchismo, Bookchin ritiene il potere è parte integrante della vita sociale e politica (con una chiara influenza del pensiero di Foucault). Non può dunque essere eliminato, come sostengono le posizioni anarchiche, ma piuttosto deve essere orientato e guidato verso una società radicalmente democratica.
In contrapposizione al marxismo invece, Bookchin vede nelle teorie di Marx un’idea di potere di stampo autoritario, tradizionale che di fatto, pur teorizzando come traguardo uno stato-non-stato comunista dopo la dittatura del proletariato, porta però ad uno stato forte.
Lo Stato secondo Bookchin è intimamente collegato al potere delle classi dominanti. È gerarchico per definizione e per questo va superato, con un nuovo orientamento del potere, non verticale, ma orizzontale, non gerarchico ma democratico. Un potere senza dominio e una democrazia senza stato.
Teorizzando ciò, Bookchin ha in mente le polis greche aristoteliche: l’uomo della nuova società liberata, in quanto zoon politikòn, deve necessariamente dotarsi di forme organizzative, regole e leggi. In queste moderne polis, uomini liberi e consapevoli di esserlo, affrancati grazie alla téchne dalle fatiche del lavoro, possono dedicarsi completamente all’attività politica. Politica intesa come gestione della comunità, valorizzazione dello spazio pubblico all’insegna dell’etica della complementarietà e della solidarietà3.
Benché utopico, qualcosa di molto simile è già è presente nel mondo contemporaneo: Abdullah Öcalan, leader del Partito dei Lavoratori del Kurdistan, basandosi sul pensiero di Bookchin ha teorizzato una forma di governo chiamata Confederalismo democratico, attuata ora nel Curdistan Siriano (Rojava).
Con questa organizzazione decentralizzata, il rapporto con la natura cambia drasticamente in quanto cambia la concezione che l’uomo ha di sé stesso: l’ecologia sociale agisce così a livello ontologico, modificando la sensibilità dell’umanità verso sé stessa e verso la natura.
Che cos’è l’Ecologia Sociale
L’Ecologia sociale è dunque questo: un profondo ripensamento della società, perché non si può parlare di ecologia senza parlare di trasformazione della società. Per questo Bookchin critica aspramente sia tutto il filone ambientalista kitsch moderno, sia l’individualismo prettamente anarchico.
Il fine ultimo dell’ecologia sociale è la rifondazione di una forma sociale organica priva di rapporti dispotici e gerarchici, ma sviluppata secondo un equilibrio uomo-uomo e uomo-natura, va da sé che l’antropocentrismo ambientalista e l’individualismo anarchico non possono essere considerati come concordanti con questa visione della società.
L’Uomo moderno inoltre non deve essere considerato il male assoluto del pianeta, ipotizzando come soluzione, come sostengono le correnti primitiviste, un ritorno all’uomo cacciatore e raccoglitore, ma è la società così com’è gerarchicamente costituita a dover essere ripensata.
L’ecologia sociale “radicalizza” la natura o, più precisamente, la nostra comprensione dei fenomeni naturali, mettendone in questione, dal punto di vista ecologico, l’immagine mercantile prevalente. La natura ne risulterà come costellazione di comunità liberate da tutte le trappole antropocentriche, non “crudeli”, quindi non competitive o avare; natura regno della partecipazione a forme di vita interattive, feconde e creative, talmente caratterizzato dalla complementarità da porsi come terreno per un’etica di libertà piuttosto che di dominio.
Murray Bookchin, The Modern Crisis
In un ecosistema le forme di vita non si relazionano tra loro per le “rivalità” e “competizioni” loro imputate dall’ortodossia darwiniana, ma per disponibilità all’aiuto reciproco, per quegli attributi di mutualità messi in rilievo da un crescente numero di ecologisti contemporanei, che si riferiscono al pioniere Peter Kropotkin.
Una società quindi che si affranca dall’individualismo per l’aiuto reciproco, in cui importante è la mutua cooperazione tra organismi.
Note
- Murray Bookchin, L’ecologia della Libertà, Eléuthera, 2017, p. 81
- Murray Bookchin, L’ecologia della Libertà, Eléuthera, 2017, p.44
- Murray Bookchin, La prossima rivoluzione. Dalle assemblee popolari alla democrazia diretta, Pisa, BFS, 2016, p. 94