Dopo la notizia del via libera alla Ru486, sto bazzicando qua e la per la rete divertendomi a leggere i commenti di certe persone che criticano la decisione dell’Aifa.
Forse per masochismo, non so, perché alcuni commenti ti fanno chiedere proprio di cosa stiano parlando. E non parlo solo di commenti della gente comune.
Uno dei commenti più gettonati, soprattutto per bocca della Binetti, riguarda l’obiezione che la Ru486 porterebbe la donna ad abortire in “completa solitudine”. Perché mai? Con l’aborto farmacologico l’espulsione dell’embrione può avvenire dopo che la donna è uscita dall’ospedale dove le è stata somministrata la pillola, in quanto non può essere trattenuta nella struttura contro la sua volontà. Ciò porterebbe, secondo le suddette persone, ad un aborto in completa solitudine, “sul water”, tra dolore e stridor di denti. Che brutta immagine e che pessimo gusto nella scelta delle parole.
Parenti, amici, il compagno della donna (se non se l’è data a gambe) dove li mettiamo? Un po’ di realismo, suvvia. Il bello è che questa critica all’interruzione di gravidanza farmacologica da chi è pienamente contro l’aborto in sé, da maggior peso all’aborto chirurgico, il male peggiore a questo punto. Eh si, perché in sala operatoria, tra il ginecologo, infermieri vari ecc.. la donna sicuramente non sarà sola.
Se poi questa solitudine più che a livello psicologico è vista come a livello assistenziale, la questione cambia e diventa inutile preoccuparsi. La donna decide se stare in ospedale ed aspettare che il tutto sia finito, e quindi venir assistita fino all’ultimo, oppure se andare a casa. E’ una sua decisione.
Altri commenti sembrano trattare la Ru486 alla stregua di un Zigulì, facile da reperire anche per minorenni che ne abuserebbero come fosse un anticoncezionale. La Ru486 non è la Norlevo, la pillola del giorno dopo, che se sei fortunata può essere che un medico te la prescriva anche se sei minorenne. C’è un iter preciso da seguire e solo nelle strutture ospedaliere. Si pensa anche di far compilare alle donne che la richiedono un test psicologico.
Altri ancora pensano che la Ru486 porterebbe l’interruzione di gravidanza facile come bere un bicchere d’acqua in un primo momento, ma che poi, improvvisamente, dolori lancinanti, emorragie ed invezioni sorprenderanno la donna. Questo presupprrebbe una totale ingenuità della donna ed una campagna di informazione e sensibilizzazione inesistente.
Sempre la Binetti:
Questo tipo di somministrazione prevede che debba avvenire entro la settima settimana, termine al di sotto di quello previsto dalla 194. Se però questo termine viene superato si rende necessario un raschiamento e un intervento chirurgico successivo. Insomma, stiamo uscendo da una situazione in cui l’aborto chirurgico è diventato una sorta di aborto sicuro per entrare in un’altra condizione, quella dell’aborto chimico in cui la sicurezza sembra diventata un optional.
E quindi? Il limite della Legge 194 per l’aborto non terapeutico è di 90 giorni. Sette settimane sono 49 giorni. Tutto in regola. Se poi è necessario un intervento chiururgico perchè il limite dei 49 giorni viene superato, non vedo che problema ci sia. Siamo sempre all’interno del limite della Legge 194.
Veniamo ora alle fasi dello sviluppo embrionale, perchè molta gente fa confusione. Sappiamo che il limite per l’aborto farmacologico è 7 settimane di gestazione (ovvero 5 settimane di gravidanza). Ho letto commenti di persone che dicono addirittura di aver sentito il cuore battere ad un feto di due settimane. Se volete capire perchè questa affermazione è così errata, continuate a leggere, potrebbe essere interessante.
Al 6° giorno dalla fecondazione inizia l’impianto sulla parete dell’utero che dura circa una settimana, al termine del quale si forma la stria primitiva, ovvero una linea che permette di identificare il piano costruttivo dell’individuo, e si può notare una netta separazione tra la componente dell’embrione da quella extraembrionale che darà origine alla placenta ed al cordone ombelicale. Con la comparsa della stria primitiva si segna il limite per la suddivisione gemellare. Una stria un figlio, due strie due gemelli e via dicendo.
A partire dal completamento dell’impianto, oltre alla stria primitiva si sviluppano tre foglietti germinali, l’ectoderma, l’esoderma ed il mesoderma, da cui si svilupperanno i diversi tessuti e organi. Questa è la fase della gastrulazione.
Al diciottesimo giorno compare un primo abbozzo di sistema nervoso centrale e periferico, la piastra neurale. La si nota chiaramente nell’immagine, di rosso scuro.
Lo sviluppo dell’embrione si conclude tra la quinta e la ottava settimana, quando risultano evidenti cervello, cuore, polmoni, i tratti gastroenterici e genitourinari ed i primi abbozzi di arti.
Alla settima settimana, limite dell’aborto farmacologico, lo sviluppo fetale ha raggiunto il punto in cui compaiono gli abbozzi degli arti superiori ed inferiori, del pancreas e dei reni, il cordone ombelicale è perfettamente formato e si inizia a sviluppare la corteccia cerebrale.
Il termine feto viene utilizzato solo (anche se a me non piace) a partire dall’ottava-nona settimana, in quanto si hanno le piene caratteristiche della specie di appartenenza e non ci sono particolari modificazioni, ma solo sviluppo.
Concludo con una semplice riflessione: chi difende la propria posizione, sia quella di attribuire un qualsiasi status morale all’embrione, sia quella di considerarlo un mero ammasso di cellule, non fa altro, in verità, che insistere solo sugli aspetti che sono rilevanti dalla sua prospettiva morale.
L’interpretazione ontologica dei dati biologici finisce con il risultare influenzata dalle opzioni morali dell’interprete, ossia dal modo in cui egli avverte in coscienza di doversi atteggiare di fronte all’embrione. Comitato Nazionale di Bioetica, Identità e statuto dell’embrione umano, 22 giugno 1996
Ciò che sarebbe opportuno quindi è avere chiarezza su quali siano le fasi dello sviluppo embrionale in modo, almeno, di parlare della stessa cosa. Sarebbe già un buon inizio. Se lo sviluppo embrionale è in sé continuo, non si può negare che esistono fasi l’una completamente diversa dall’altra.
Al di là di tutto ciò, nel nostro piccolo, la decisione di una donna di non portare a termine la gravidanza penso vada oltre la conoscenza scientifica. Questa dovrebbe riguardare i dibattiti delle alte schiere. Non penso che una donna si domandi:”Dunque vediamo…siamo alla 4^ settimana, dunque dovrebbe essere così e cosà….”. Sarebbe abbastanza cinico oltre che ridicolo.
Per finire un po’ di interviste:
- Lucio Romano, ginecologo all’Università Federico II di Napoli e copresidente dell’associazione cattolica Scienza&Vita
- Maurizio Mori, ordinario di Bioetica all’Università di Torino e presidente della Consulta di Bioetica
- Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri e componente del Comitato Nazionale per la Bioetica